venerdì 17 aprile 2009

L'attualità dissacrante e pungente di Rino Gaetano




Rino Gaetano nasce a Crotone io 29 Ottobre del 1950, maestro d'ironia è uno dei più conosciuti degli anni '70.
Giovanissimo si trasferisce a Roma dove comincia ad incidere canzoni con la It, una casa discografica alla ricerca di nuovi talenti.
Il grande pubblico si accorge di lui con Il cielo è sempre più blu e poi con Berta filava. Infine il successo: con singoli come Aida e Gianna.
Quest'ultima canzone si piazza terza al Festival di Sanremo del 1978, dove il cantante si presenta con un frac, un cappello a cilindro, il tutto smitizzato da una camicia a rigoni rossi verticali.
Verso la fine del 1978 Gaetano si reca in Spagna per registrare le versioni in lingua originale di alcune sue canzoni. È il tempo della tristezza: in Italia impazza la moda del reggae e lui, come segno di rifiuto delle ideologie e dei rituali politici, scrive una invettiva in musica dal titolo Nuntereggae più in cui si scaglia contro la castità,
il maschio forte, le superpensioni, gli evasori legalizzati, e anche contro alcuni personaggi della vita economica,
politica, sportiva...
Del 1981 - anno in cui gira in tourneè con Riccardo Cocciante - l'ultimo suo album E io ci sto.
Muore la notte del 2 giugno 1981, all'alba, dopo un incidente con la sua Volvo 343 in via Nomentana.
Anche perché ben cinque ospedali ne rifiutano il ricovero. Dopo quindici giorni avrebbe dovuto sposare la sua ragazza Amelia
Da allora sono passati 22 anni ma quel testo ironico e metaforico tutto italiano è ancora attuale. Come pure attuali sono le parole di «Fabbricando case» purtroppo dopo il terremoto all'Aquila sappiamo tutti perchè.
Poche parole per ricordare questo singolare artista, voce del sud, trapiantato a Roma e scoperto da Vincenzo Micocci
(colui che negò nel '78 un audizione ad Alberto Fortis al quele lo stesso Fortis dedicò le famose «Milano & Vincenzo» ed «A Voi Romani» ).
Ci restano solo le canzoni di Rino, sempre attuali e graffianti permeate di ironia ed autocritica rivolta al malcostume
del popolo italiano. Un modo "nuovo" di esprimere il proprio dissenso senza indossare necessariamente
l'abito dell'intellettuale di sinistra, tanto di moda negli anni '70.

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